L'ora di greco

Da: Remo - Categoria: W...mente consigliati
L'ora di greco

"Ben presto non distinguerò più la mia faccia dagli altri oggetti riflessi nello specchio. 

Tutti i volti che ricordo si fisseranno nella mia memoria, per sempre congelati".

Siamo a Seoul, e ci sono un uomo e una donna: lui insegnante di greco, lei poeta. Sono entrambi menomati, mancanti di qualcosa: lui sta perdendo la vista, e a breve diventerà cieco; lei, come già le è successo in passato, non riesce più a parlare, a emettere un solo suono. Ma entrambi sono attraversati da altre perdite, da altre mancanze. Lei ha perso da poco la madre, e il figlio le è stato tolto dall'ex marito che la considera, se non pazza, comunque incapace di provvedere a lui. L'uomo, da poco tornato dalla Germania dove ha vissuto vent'anni, ha perso la donna che amava non ricambiato e l'unico amico che forse in lui vedeva qualcosa di più di una semplice amicizia. 

L'uomo e la donna, che non hanno un nome (un'altra perdita, un'ulteriore mancanza?), si incontrano alle lezioni di greco che lui tiene per un pubblico svagato e poco interessato, e che lei segue perché spera (o si illude) che lo studio di una lingua così lontana, complessa e precisa nelle sue regole possa fornirle una chiave per riacquistare la possibilità di parlare.

È un romanzo breve, in cui succede poco o pochissimo, dall'andamento strano che più che procedere nella storia va indietro nel tempo, raccontandoci frammenti delle vite dei due protagonisti, almeno fino a un episodio inatteso...

Un romanzo il cui tema predominante è il linguaggio, che appare tanto più importante quanto più ci sfugge, e tanto più manchevole quanto più lo consideriamo necessario; incapace com'è di restituirci la realtà delle cose, alla stregua dei ricordi che continuano ad affiorare e confonderci. 

E poi c'è la lingua dell'autrice: raffinata, perfetta, sensuale. Che illumina le vite in ombra dei due, e che ci regala una Seoul magica e inafferrabile. 

"Dischiudo le labbra, di nuovo secche.

Faccio respiri più profondi e ostinati.

Quando pronuncio infine la prima sillaba, chiudo forte gli occhi prima di riaprirli. 

Come se mi preparassi a scoprire, nell'istante in cui li riapro, che ogni cosa è svanita".

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