Dyia, la protagonista di questo delicatissimo libro, è un’ostetrica che ha ereditato i geni per la professione da generazioni di ostetriche in famiglia. La parola “ostetrica” in islandese è letteralmente traducibile con “madre della luce”, ed è proprio intorno a questo tema che l’autrice costruisce questo splendido racconto, sul venire alla luce, esperienza che ogni essere umano prova all’inizio della sua esistenza e su come la ricerca di essa sia costante durante il nostro tempo sulla terra. Questo rapporto tra luce e buio è anche quello che caratterizza le lunghissime notti dell’inverno islandese, durante le quali la protagonista, in un’esistenza che appare lenta e quasi immobile, legge gli scritti che la zia ostetrica le ha lasciato in eredità insieme all’appartamento in cui vive. Sono scritti allo stesso tempo estremamente profondi, ricchi di riflessioni sulla vita degli esseri umani, ma anche radicalmente ancorati alla vita in senso biologico.
L'autrice è bravissima nell'usare la lingua per connettere questo romanzo all'apparenza slegato ma che alla fine mostrerà il suo filo conduttore. Da assaporare lentamente, perfetto per annusare il profumo della neve della lontana Islanda.
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