Nel mese dedicato alla divinità Febris, tempo per i rimedi del corpo e dell’anima secondo gli antichi Romani, non vi potrebbe essere migliore lettura del saggio scritto dalla storica britannica Hughes: una celebrazione di quell’idolo poliforme che oggi chiamiamo Venere, ma che nel suo viaggio millenario da Oriente fino al nostro Occidente contemporaneo è stato invocato coi nomi di Inanna, Ishtar, Astarte e Aphrodite, immagine venerata di un complesso coacervo culturale.
Archeologia, antropologia, arte figurativa e letteratura convergono a dimostrare quanto la pulsione alla vita, all’amore e tensione erotica sia intimamente legato alla morte, al dolore e annientamento, l’illuminazione estatica al rituale delle tenebre; attraversiamo obnubilati un’opulenta galleria iconografica e visitiamo i luoghi letterari noti e oscuri legati alla mitologia della Dea e troviamo dispiegato davanti a noi un florilegio di suggestioni stimolanti.
Quale lodevole Lectio Magistralis, Professora Bettany!
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