In questo scritto confluiscono tutte le doti di Saba Angana: la sensibilità musicale che ci regala un ritmo poetico da ballata, l’attenzione della pittrice che pennella quadri vividi e profondi, la memoria custodita nella propria vicissitudine familiare. narrata dall’autrice con affetto e rispetto.
La Signora Meraviglia del titolo potrebbe alludere al lare ancestrale che si materializza nei ricordi della nonna, bimba costretta dalla miseria ad abbandonare la natia Etiopia oppure alla madre che, giovinetta, sposa un più che maturo insegnante italiano nella Mogadiscio di Siad Barre, ma si concretizza, in realtà, nella carta bollata di un documento d’identità che sancisce il diritto di calpestare il terreno d’approdo dopo lungo viaggio.
Meraviglia ci coglie alla lettura di questo racconto così personale eppur universale: la migrazione nel passato da uno Stato all’altro del Corno d’Africa s’intreccia alla peregrinazione nel presente fra i meandri della Pubblica Amministrazione per la presentazione degli innumerevoli documenti necessari alla cittadinanza; l’autrice alterna capitoli dal tono intenso a parentesi modulate sulla bonarietà beffarda e sarcastico disincanto di zia Dighei, figura cardine e molla dell’irresistibile intreccio.
Saba Anglana, multiforme artista a cui si deve il quadro coronante la copertine, è la nostra personale Signora Meraviglia, una regina alla cui corte stringersi.
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