Un libro attraversato da una precisa e al contempo delicatissima vena di letteratura, e non solo di scrittura (per quanto straordinaria).
Terre piatte ha in sè una forza naturale che è propria delle opere baciate dalla grazia, in cui profondità di riflessione e mancanza di pudore (intesa come capacità di aprirsi e svelarsi) vanno di pari passo e creano un nuovo modo di fare autobiografia (memoir? reportage?), radicando questo libro nel vasto mondo in cui tutti siamo stati gettati e di cui facciamo parte.
Meravigliosamente senza centro, meravigliosamente frammentario, in continuo divenire come i paesaggi protagonisti di queste "terre piatte" che sono sì "il luogo del dolore, ma anche del reale".
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